EMISSIONI E AMBIENTE / Biocarburanti di seconda generazione più economici grazie al riso

Mercoledí, 26 Febbraio 2014

I biocarburanti di seconda generazione saranno più economici e si renderanno disponibili su larga scala grazie all’impiego nella produzione della lolla di riso. È quanto promette la recente sperimentazione condotta da un’équipe di ricercatori della University of Southern Denmark in collaborazione con i colleghi iracheni della University of Baghdad e della Al-Muthanna University. Sin dalla loro comparsa sul mercato, i biocarburanti hanno dovuto affrontare sfide impegnative per diventare competitivi ed efficienti e diminuire il loro impatto ambientale. Dai biocarburanti di prima generazione, insostenibili perché prodotti con materie prime altrimenti destinate al mercato alimentare, si è passati ai biocarburanti di seconda generazione, ricavati da scarti e altre biomasse non commestibili. I biocarburanti di seconda generazione, tuttavia, presentano a livello industriale degli svantaggi enormi, legati ai costi troppo alti degli enzimi, sostanze necessarie a trasformare i tessuti delle piante morte in zuccheri da cui ricavare biocombustibili. Gli enzimi più efficienti brevettati, a oggi, hanno prezzi ancora esosi. Lo studio danese promette di abbattere i costi dei biocarburanti di seconda generazione proprio grazie all’eliminazione degli enzimi dal processo produttivo. Gli scienziati hanno utilizzato un acido e non un enzima per trasformare la biomassa in zuccheri per la produzione di biocombustibile. Si tratta dell’acido HSO3H ricavato dalla lolla di riso, ovvero il cascame che avvolge il chicco, una materia prima ampiamente disponibile. Noto anche come pula o più semplicemente buccia del riso, questo sottoprodotto si ricava, a seguito della trebbiatura, dal processo di sbramatura del riso grezzo. Dalla combustione della lolla di riso si ottiene, in modo facile ed economico, una grande quantità di ceneri e biomassa. Le ceneri della pula contengono un’alta percentuale di silicato. I ricercatori hanno unito al silicato l’acido clorosolfonico, ottenendo la molecola HSO3H. Questo acido, proprio come farebbero gli enzimi utilizzati comunemente dall’industria dei biocarburanti, degrada la cellulosa della biomassa trasformandola in zucchero. Dagli zuccheri vegetali si ricava poi il bioetanolo, impiegato come combustibile. I ricercatori danesi e iracheni hanno messo a disposizione di tutti la ricetta per la produzione del catalizzatore dalla lolla di riso. L’acido HSO3H, economico, riutilizzabile e non brevettabile, è pertanto disponibile su larga scala, così come la cellulosa. La produzione di bioetanolo si appresta in tal modo a diventare più conveniente ed ecologica. L’utilizzo del bioetanolo, al posto dei combustibili fossili, riduce le emissioni di CO2 prodotte dalle auto e dagli altri mezzi di trasporto. Mettere a punto processi produttivi innovativi e più economici per produrre biocombustibili è dunque prioritario per ridurre l’enorme impatto ambientale degli spostamenti.

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